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C’è una certa democraticità che affratella tutte le spiagge italiane, da Porto Cervo a Ostia Beach.
Se i costumi possono essere paillettati o plastificati, se i corpi possono conficcarsi su uno spugnoso telo da mare o su un comodissimo lettino, se c’è chi ingurgida una Peroni e chi uno Spritz… quando si parla dell’utilizzo di tre ‘accessori’ da spiaggia tutte le bagnanti del Bel Paese sembrano leggere dallo stesso Manuale…
Il cappello
Cominciamo dal cappello a falda larga, volgarmente detto ‘paglietta’. Colorato, addobbato con nastri colorati o fiori fluorescenti, questo copricapo ci fa pensare ai profumi capresi o al passeggio glamour di Saint Tropez; e noi, belle italiane dal rigurgito vintage, non possiamo trattenerci dal comprarne uno, anche se di soli 10 euro, con già qualche filo di paglia che salta fuori, impazzito.
Ma il povero cappello non ha vita facile sulla spiaggia: concluso il piccolo defilé che parte dall’ingresso del lido e si conclude con una posizione ad angolo retto per sistemare borsone, telo e sdraio, il poverino viene repentinamente allontanato dalla testa, per paura che la sua larga falda possa fare ombra su fronte e naso, impedendo una tintarella che sostituisca il fondotinta. Ed ecco che viene schiacciato sotto la nuca come poggia testa, provocando qualche fastidioso prurito. Talvolta accade che venga sbattuto lontano da una folata di vento: un tentativo poetico di ‘acchiappo’, se non fosse che la maggior parte delle volte a recuperarlo sono solo dei truzzi allucinanti.
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Il libro
Passiamo al secondo e più nobile ‘accessorio’ da spiaggia: il libro. Tra i best seller di Camilleri, Swan, Gramellini, Littizzetto e Fabio Volo… i romanzi rosa che ancora vengono esposti dagli edicolanti come trofei d’estate sembrano essere stati snobbati dalle bagnanti che vogliono apparire più intellettualmente impegnate. Ma qual è il destino di questi mattoncini di carta scritta? Eccone le tappe:
– Dall’albergo/casa/villaggio alla spiaggia: portati in mano con copertina in bella mostra, anche se nella borsa c’è spazio sufficiente per infilarci un ombrellone.
– Arrivate alla propria postazione, il peso del libro comincia a farsi insostenibile: “dove c… lo metto?” è il pensiero ricorrente, ma si continua a tenerlo in bella vista per chi non ne avesse visto ancora il titolo.
– Da quando si poggia il sedere su telo o sdraio, il destino del libro diventa ineluttabile: sbattuto nella sabbia, usato come riparo dal sole o come espediente per apparire belle dentro e fuori, ne viene letta (ma non compresa) una pagina che sarà la stessa a ungersi di olio abbronzante con inevitabile impanatura.
Occhiali da sole
Dulcis in fundo… non possono mancare gli occhiali da sole: griffati o pezzi da bancarella ambulante, senza di questi nessuno osa avvicinarsi ad una spiaggia. E fin qui, nessuna novità! Ma provate ad osservare per quanto tempo vengono indossati mentre ci si affida a Santa Abbronzatura: massimo 15 minuti in un’intera giornata di mare perché non sia mai che possano lasciare due ovali pallidi attorno agli occhi accecati dal sole! Accade così che cominciamo a vederli ovunque: tra i capelli, per scoprire meglio la fronte; in bocca, facendo roteare la stecca tentando di sedurre con una posa da femme fatale o, più spesso, appesi ai raggi dell’ombrellone e abbandonati alla loro inaspettata inutilità.
Siamo italiane: amiamo la forma. E il contenuto? Ma anche “chi se ne frega!”
Sofie
Valentina
E’ PROPRIO VERO! Diciamo che anch’io sono una vittima soprattutto della sindrome ‘occhiali da sole nemici dell’abbronzatura’! Li indosso solo al tramonto, magari per un aperitivo con gli amici in riva al mare…
Alessandra
yeah